I CORRIDORI DEL SENZAGIRO Quando Italo Svevo salì sul treno per tornarsene a Trieste, guardò per l’ultima volta quella parte orientale dell’Impero che l’aveva accolto per qualche mese. Non si sentì particolarmente dispiaciuto nel lasciarla. Appuntò nel suo taccuino solo tre parole: Budapest sa attendere . Non aggiunse altro. D’altra parte, quando vogliono, i triestini sanno essere essenziali, quasi ermetici. La cosa strana è che pure Ferenc Molnár, mentre ripensava alla sua città nell’appartamento d’esilio di New York, arrivò alla stessa conclusione: Budapest sa attendere. In questo caso il contesto c’è, riguarda l’occupazione nazista della capitale ungherese. Tutto è insomma molto più chiaro. Tom Dumoulin probabilmente non ha mai letto né Svevo né Molnár, o se anche gli ha letti, se ne è fregato altamente di Svevo e Molnár, come è giusto che sia. L’olandese muove le mani freneticamente, ha in corpo la frenesia di chi non sa attendere, tanto meno a Budapest, tanto meno al